A Cernobbio col caro estinto

Si torna a Cernobbio e per molti degli  assidui frequentatori del Forum Ambrosetti sarà inevitabile provare una strana sensazione: la sensazione del morto in casa, nella peggiore delle ipotesi, del caro amico ricoverato in ospedale con prognosi infausta, nella migliore. Non c’è autorevole fabbrica del pensiero che, più di Villa d’Este dal 1975 ai nostri giorni, abbia progettato e promosso la costruzione dell’Unione europea. Monti, Trichet, Almunia, Lagarde; gli eurocrati, non solo sono stati sempre protagonisti, hanno vittoriosamente influenzato il confronto di idee che ogni anno si svolge al massimo livello sul quel ramo del lago di Como. Facile constatare che essi hanno avuto buon gioco in un’epoca di confusione politica, di ricambio generazionale dei leader, di feroce recessione economica. Nel tempo è stata messa al sicuro una certezza: ci avrebbe salvato dal baratro una realtà continentale unita e forte. E si è avuta l’impressione della nascita di un salotto un po’ esclusivo nel quale ogni problema delle singole nazioni, prima tra tutte l’Italia per ragioni di ospitalità, veniva discusso in una prospettiva europea. Ma improvvisamente l’edificio si è accartocciato come la scuola di Amatrice appena ristrutturata a suon di migliaia di euro per resistere ai terremoti. Improvvisamente c’è stata la Brexit: uno dei membri più potenti del club, il Regno Unito, ha detto che con l’integrazione continentale non vuole avere nulla da spartire. E l’incendio ha attraversato la Manica investendo la Francia, l’Italia, la traballante Spagna. Carta straccia tutto quanto hanno predicato a Cernobbio da presidenti della commissione europea e della Bce? Se dovessimo dire qual è il simbolo dei raduni di Villa d’Este, non avremmo esitazione a indicarlo nel suono di un magico gong che chiama in conclave i potenti della Terra perché ciascuno esponga la propria opinione in un campo neutro e lontano dai taccuini dei giornalisti, che aspettano fuori. Ma se ci chiedessero di aggiornare la metafora, inevitabilmente penseremmo a una campana che suona mesta per annunciare l’indietreggiamento rispetto alle idee dei padri costituenti riuniti a Ventotene. Col rischio di una deriva dei nazionalismi.Chi ha sbagliato le profezie, le analisi e dove le ha sbagliate? Sicuramente non si può gettare la croce sulle spalle di Cernobbio, la cui missione degli ultimi 40 anni è stata costruire una cattedra per internazionalizzare il profilo delle classi dirigenti. I partecipanti al Forum arrivavano dalle Americhe o dall’Asia e scoprivano che sulle rive di un lago si era materializzato un osservatorio di rilevanza globale, utile negli anni della crescita e dell’ottimismo reganiano e berlusconiano, indispensabile negli anni delle grandi crisi. Quanto è accaduto dal disfacimento dell’Unione Sovietica in poi è qualcosa che l’ambasciatore Sergio Romano ha definito: catastrofe geopolitica.Ma se è vero che altri ambasciatori, quelli della conoscenza multidisciplinare, cioè i consueti habitué di Cernobbio, devono avere il dono anche dell’autocritica, beh qualche discorsetto su che cosa è, anzi non è, l’Europa, è lecito aspettarselo.Vero: la Brexit può essere stata la vittoria della demagogia, non della democrazia, del populismo, non del popolo. Ma si deve parlare anche dei difetti della creatura allevata a costi proibitivi nelle stanze di Bruxelles e di Strasburgo. Si deve dire che l’Europa non può essere solo la moneta unica, oltre tutto sorda (la moneta unica) ai richiami disperati in arrivo da alcuni degli stati membri: pensiamo alla tragedia dei profughi. Si deve dire che l’Europa non può essere perdente nei parlamenti e nelle chiese. E si deve dire che non basta l’idea, il concetto: un’Europa non governata, un’Europa che svende la sua civiltà come vediamo fare ogni qual volta, per non urtare sensibilità altrui, nascondiamo i nostri simboli, la nostra cultura, beh questa è un’Europa socialmente inutile. E pericolosamente vulnerabile. Ci sono leader che spiegano questi argomenti puntando alla pancia dei cittadini, per ragioni di bassa politica. A Cernobbio sfilano le migliore intelligenze del mondo. A loro il compito di ingoiare qualche rospo e di rimetterci in carreggiata.